Onorevoli Colleghi! - Sono ancora molte, troppe, le vittime del lavoro nei cantieri italiani. Nel 2006 hanno perso la vita 258 persone, con il rischio che questo dato sia in difetto a causa della difficoltà di reperire notizie in materia. La Federazione italiana dei lavoratori del legno, dell'edilizia, delle industrie affini ed estrattive della Confederazione generale italiana del lavoro (FILLEA-CGIL), che ormai da quattro anni osserva quotidianamente sul proprio sito internet l'evoluzione degli infortuni mortali nel settore delle costruzioni, fornendo nomi, età, nazionalità e cause, nel corso del 2006 denuncia una brusca impennata delle morti bianche, aumentate del 35 per cento rispetto al 2005. I dati e le statistiche del monitoraggio FILLEA sono stati diffusi recentemente, in occasione della riunione nazionale dei rappresentanti territoriali per la sicurezza dei lavoratori (RLST) della FILLEA-CGIL, in preparazione dell'assemblea nazionale CGIL, CISL e UIL su «Salute e sicurezza», che si è svolta il 12 gennaio scorso a Roma e della prima conferenza nazionale unitaria degli RLST, tenutasi a Roma in data 18 gennaio 2007. Quello appena passato è stato un anno nero, il peggiore degli ultimi quattro. Nel 2005 le morti bianche erano state 191, nel 2004 si sono contati 231 casi, 215 nel 2003. Questi dati, inoltre, non tengono conto degli infortuni che passano sotto silenzio,

 

Pag. 2

perché i lavoratori colpiti spesso sono «irregolari» e non vengono registrati né dall'anagrafe delle casse edili né da quella dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL). Lo stesso INAIL dichiara che, a fronte dei dati ufficiali, circa 200.000 infortuni non sono denunciati perché accaduti durante lavoro in nero. Altro dato di estremo rilievo è costituito dalla presenza, in costante aumento, di lavoratori stranieri nel settore delle costruzioni, con una crescita negli ultimi anni di iscritti alle casse edili del 400 per cento. Oltre ad essere meno pagati e inquadrati a livelli più bassi, questi lavoratori, per difficoltà legate alla scarsa conoscenza della lingua italiana e alla mancanza di idonea formazione, sono quelli più esposti al rischio infortuni. Inoltre, dai dati in possesso, si rileva che la maggior parte delle vittime ha generalmente un età compresa tra i 26 e i 36 anni, senza contare che nel 2006 hanno perso la vita anche tre minorenni, due ragazzi di 16 anni e una ragazza di appena 15 anni. La causa più frequente di infortuni resta, nel settore delle costruzioni, la caduta dall'alto. Tra le altre cause è da rilevare l'aumento dei casi di vittime travolte da gru, carrello elevatore o ruspa; seguono il crollo di una struttura e infine l'impatto con materiali di lavoro. Si tratta di dati impressionanti che impongono una seria riflessione e la necessità di porre un incisivo rimedio al fine di garantire una maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro. La presente proposta di legge si propone di far fronte alla problematica esposta attraverso l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta, ritenuta sicuramente lo strumento più consono al fine di esercitare un ruolo di controllo e di impulso a una verifica dello stato di attuazione, nonché della effettiva applicabilità, dell'intera normativa nazionale sulla sicurezza e sulla prevenzione nei luoghi di lavoro. La nostra Costituzione tutela il lavoro come un diritto fondamentale: il lavoro è uno strumento di realizzazione e di sostentamento dell'essere umano. Alla luce dei tragici episodi che hanno funestato negli ultimi anni il settore del lavoro in Italia, l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta rappresenta dunque un atto dovuto, perché il «guadagnarsi il pane» non significhi più ingaggiare una tragica lotta con la morte. Affinché «morire per il lavoro» sia retaggio di tempi passati e insegnamento per quelli futuri: historia magistra vitae.
 

Pag. 3